sabato 19 giugno 2010

GRUPPI DI FEROCI NEONAZISTI: decapitazioni online delle teste rasate


da IL FATTO QUOTIDIANO del 19/06/2010

Russia, le decapitazioni online delle teste rasate
GRUPPI DI FEROCI NEONAZISTI METTONO SU INTERNET VIDEO DI OMICIDI E SEVIZIE. SILENZIO E TOLLERANZA DELLE AUTORITÀ

di Giancarlo Castelli

Tre “allegri” ragazzi russi, testa rasata e fede nazista, mostrano minuto per minuto lo smembramento di una loro vittima. Il cadavere, un “camerata” considerato un traditore, dopo essere stato ammazzato, viene messo nella vasca da bagno di un appartamento e sezionato. Senza bisturi ma, all’occorrenza, con mazzetta e scalpello. Un’impresa che si sono premurati di filmare e mettere in Rete (è stato visibile sul sito di un giornale russo). I tre, identificati e arrestati proprio grazie al video, appartengono alla “Società nazional-socialista”, uno dei gruppuscoli della galassia neonazista russa, e ora sono accusati di 25 omicidi a sfondo razzista. Il leader del gruppo, un certo Maxim Bazylev che si fa chiamare Adolf, soffre di una diagnosticata schizofrenia.
Eppure il gruppo, che ha ramificazioni in tutta la Russia conta migliaia di attivisti. Ne esiste uno persino negli Usa, un certo Preston Wigginton che si batte per la secessione del Texas dal resto degli Stati Uniti. Così come tanti sono anche i seguaci di “Combat 18”, network internazionale che fa capo ai naziskin inglesi “Blood & Honour”. Anche “Combat 18”, tra i sospettati di essere l’autore dell’attentato al treno Nevskij Express sulla linea Mosca-San Pietroburgo, non disdegna l’immagine macabra della testa mozzata in copertina: nella pagina del loro programma politico, definito “Macchina del terrore”, in bella mostra si vede, infatti, la testa sanguinante di un povero cristo eurasiatico, definito “occupante nero”. Quella di mozzar teste sembra una costante dei neonazisti russi del Terzo millennio: nel documentario girato da un reporter polacco si vede un attempato e muscoloso skinhead, impettito davanti ai cadaveri di due immigrati senza testa, riversi ai suoi piedi. La galleria degli orrori si può chiudere con due feroci assassinii avvenuti nel 2004: l’omicidio a colpi di coltello di una bambina di 9 anni con la sola colpa di essere tagika e una bimba rom di 6 anni, massacrata a morte dalla furia del “branco”. Si contano a centinaia gli omicidi, più o meno di tale efferatezza, che avvengono in Russia ogni anno: 44 nei primi mesi del 2009. Le vittime sono quasi sempre inostrantsev, stranieri, immigrati, lavoratori provenienti dal Caucaso: Azeri, tagiki, ce-ceni ma anche coreani, vietnamiti, turchi. Nel mirino dei naziskin non mancano i giovani “antifa”, gli antifascisti che, in sparute fila, sfidano il pericolo di essere aggrediti quotidianamente, quando non perseguitati dalla polizia russa e dai terribili Omon, gli agenti “speciali” antisommossa. È di pochi giorni fa l’ultimo omicidio in serie. Quello di Ivan Khutorskoj, giovane di sinistra, attivo nel servizio d’ordine “antifa”. Attiva principalmente a Mosca e a San Pietroburgo, ma presente in ogni angolo della “madre” Russia, la galassia neonazista conta decine di gruppi e 50 mila militanti (censiti dal ministero degli interni). Come quello a cui appartengono Nikita Tikhonov e Evghenija Khasis, accusati degli omicidi dell’avvocato Stanislav Markelov e della giornalista della Novaja Gazeta, Anastasja Baburova, uccisi a Mosca lo scorso gennaio. Dalle alte sfere del Cremlino in genere si volta lo sguardo. Il sospetto, però, che il “branco” abbia più di qualche rapporto col potere esiste. Parlamentari della Duma intervengono sui forum dell’estrema destra xenofoba e non lesinano complimenti più o meno velati alle gesta nazi. E anche i giovani putiniani di “Nashi”, pur dichiaratisi antifascisti, non disdegnano la presenza del servizio d’ordine delle teste rasate alle loro manifestazioni. E la polizia, come raccontato nel film “Russia-88” di Pavel Bardin, non a caso mai proiettato a Mosca, è accusata di connivenze.
Non sfugge al sospetto neppure il sindaco di Mosca, Jurij Luzhkov che il 4 novembre scorso, in occasione della Festa dell’Unità nazionale, ha dato il visto per un concerto nazi-rock sotto le mura del Cremlino. Lo stesso sindaco che ogni anno vieta il Gay pride russo, che definisce “oscena manifestazione satanica”.


lunedì 12 ottobre 2009

Lino Jannuzzi il re della campagna stampa

Mi sono imbattuto in un articolo alquanto inquietante. Sembra proprio che Santoto abbia fatto un pò di paura dopo la puntata della settimana scorsa sulla strage di Via D'amelio.
Ecco l'articolo: http://iltempo.ilsole24ore.com/servizi/2007/10/03/1041-informativa_trattamento_dati_personali.shtml


é incredibile l'opera di mistificazione nella quale ogni persona non ben informata cadrà nel leggerlo (quasi tutti i lettori).



é incredibile come il quotidiano IL TEMPO arriva a conclusioni accertate è un mistero.
Come che la seconda trattativa sia una bufala soltanto perchè Riina è andato in galera. Perchè? qualcuno ha detto che l'ultima presunta trattativa la ha fatta Riina???
Bè, per esempio, esiste anche PROVENZANO (con il quale Ciancimino era in ottimi rapporti ed è infatti l'ipotesi più accreditata).

Vi ricordo anche che il generale MORI è indagato dal tribunale di Palermo, insieme al suo vice, col. Mario Obinu, per favoreggiamento alla mafia a causa della mancata cattura di Bernardo Provenzano nel 1995. Secondo il generale Michele Riccio, furono Mori e Obinu ad avergli impedito di catturare Provenzano in un casolare di Mezzojuso indicato dal mafioso suo confidente Luigi Ilardo, poi assassinato da Cosa Nostra subito dopo aver accettato di collaborare con la giustizia.
Dovete assolutamente leggere questa testimonianza di Riccio, sono 50 pagine veramente allucinanti e appassionanti: http://temi.repubblica.it/micromega-online/un-processo-di-cui-e-meglio-non-parlare/

La ricostruzione di Anno Zero a differenza di quanto vuol far sembrare in quel articolo non arriva a nessuna conclusione, ha solo esposto i documenti attualmente conosciuti e riconosciuti pubblicamente.

Jannuzzi dimentica anche la mancata e mai sufficientemente spiegata perquisizione del suo covo di Riina.

Quell'articolo è molto inquietante, per come è scritto, per come vuole arrivare a certe conclusioni riducendo alcuni avvenimenti distorcendoli. Per come arriva perfino a dire che Travaglio ci stà cercando di nascondere la verità, assurdo.


Vi svelo l'arcano:

Quel giornale è finanziato dalla destra italiana e diretto dall'ex portavoce del Ministro dell'Interno Claudio Scajola. E che il giornalista che scrive l'articolo (Lino Jannuzzi), dal 2001 al 2008 è stato senatore, per due volte nelle file di Forza Italia, ora scrive per Panorame e Il Giornale. Coincidenza.
È risultato oggetto di discussione nelle intercettazioni della Procura di Palermo, nei primi mesi del 2001. Il boss Giuseppe Guttadauro, parlando nella propria abitazione con l'amico mafioso Salvatore Aragona, stava organizzando una campagna stampa a favore dei colleghi detenuti; quest'ultimo gli avrebbe segnalato Giuliano Ferrara e lo stesso Lino Jannuzzi che <>, al che Guttaduaro avrebbe risposto <>.
ragona verrà invitato da Dell'Utri a Milano, per la presentazione di un libro di Bruno Contrada, proprio con Jannuzzi. «E Jannuzzi, guarda caso, promuoverà in Parlamento una commissione d'inchiesta contro i pentiti».
Famoso per campagne giornalistiche contro i giudici di Milano. Per le quali è stato CONDANNATO.


mercoledì 23 settembre 2009

presunti FAKE POLITICI su Facebook e MONIA LUSTRI

Girando per Facebook ho notato che ci sono parecchie persone fasulle, che si spacciano per persone vere e pubblicizzano a più non posso un certo partito o un certo politico.

Ecco un presunto FAKE...

L'utente Facebook vero dovrebbe essere: Monia Lustri (Ex Forza Italia, Ex Idv, ora UDEUR, ma forte sostenitrice di Silvio Berlusconi).

due presunti Fake per cui si spaccia dovrebbero essere:
- Paola Melis
- Azzurra Mancini

venerdì 18 settembre 2009

Appunti su Clementina Forleo.

Clementina Forleo

Il magistrato Clementina Forleo, reo di aver portato avanti l'indagine sulle scalate bancarie, come ormai tutti sanno, è stata cacciata da un Consiglio Superiore supino e obbediente agli ordini politici. L’inchiesta però è andata avanti comunque: la Procura di Milano ha reiterato, attraverso un altro G.I.P., dato che D’Alema all’epoca delle telefonate era parlamentare europeo. Anche lì il Parlamento europeo, con il contributo fattivo dei Deputati italiani di centrodestra e di centrosinistra, compreso Bonsignore, che ha votato per salvare D’Alema, ha deciso che non bisognava autorizzare l’utilizzo di quelle telefonate e conseguentemente, senza la prova contenuta in quelle telefonate, non si potrà processare.

Maggio 2009 Clementina vince al TAR

Clementina Forleo non doveva essere trasferita a Cremona, doveva rimanere a Milano e ha stabilito dunque che è totalmente illegittimo il decreto del suo trasferimento. Le citazioni precise del Tar si traggono dall’unico giornale che ha raccontato questa vicenda “Il Corriere della sera”.

Vi ricordate quando l’hanno trasferita? Mesi e mesi di linciaggio mediatico, chilometri di piombo. Ora Repubblica con DIECI RIGHE: “Il Tar annulla il trasferimento” come se fosse una cosa amministrativa.

Il Tar ha detto:

a) che non doveva essere trasferita;

b) che non si poteva per legge trasferirla per le sue esternazioni.

Perché? Perché la nuova legge sull’ordinamento giudiziario implica che il trasferimento d’ufficio per incompatibilità ambientale può essere disposto soltanto quando siamo in presenza di un comportamento incolpevole del magistrato, cioè quando il magistrato si ritrova per ragioni di amicizia o di parentele a essere incompatibile con il posto dove svolge le sue funzioni. Ma dato che in questo caso alla Forleo venivano contestate delle esternazioni deliranti che descrivevano in maniera eccessiva situazioni allarmanti, quelli erano comportamenti o colpevoli o colposi e quindi andavano trattati in sede disciplinare con tutte le garanzie del caso. Cosa che non le è stata garantita; e in più,scrivono i giudici, il Consiglio Superiore della Magistratura, non avrebbe dovuto respingere la istanza che la Forleo aveva fatto nei confronti della Cons. Letizia Vacca dei Comunisti Italiani, perché si astenesse. Sapete che la signora Vacca aveva anticipato prima ancora di iniziare il giudizio sulla Forleo e De Magistris, che quest’ultimi erano due pessimi magistrati e che quindi avrebbero dovuto essere cacciati (detto da una che di lì a poco avrebbe dovuto giudicarli). Voi capite che se non si astiene un giudice così prevenuto che anticipa la sentenza prima di iniziare il processo, non c’è un processo giusto. E infatti il Tar dice che era giusto astenersi perché anticipare quel giudizio significava inficiare la legittimità di quel processo, qualunque fosse stata poi la decisione finale.

Dunque quando tutti dicono che la Forleo ha torto, sappiamo bene il perché: ossia aver osato toccare i politici padrini dei furbetti del quartierino che scalavano le banche contro la legge. Per questo è stata distrutta mediaticamente, e poi quando il Tar ha stabilito che non andava trasferita…ecco lo spazio medio che ha avuto sui giornali.

Luglio 2009 La seconda immunità.

Il 22 luglio 2009 il senato ha negato l'autorizzazione all’utilizzazione di intercettazioni di conversazioni telefoniche sui senatori Nicola Latorre (PD) e Luigi Grillo (PDL). Le intercettazioni delle conversazioni telefoniche non potranno essere usate dall’autorità giudiziaria. Anche qui tutti i giornali, o hanno omesso la notizia o con minuscoli articoli non ben visibili hanno dato la notizia (vedi “LA REPUBBLICA”).

MORALE

Sarebbe bene che chi giustamente rinfaccia le questioni morali, le questioni politiche, le questioni di correttezza, in particolare a Berlusconi, dovrebbe ricordarsi anche delle proprie. Il caso Unipol è un macigno che, dal punto di vista penale, può anche essere rimosso con le immunità italiane e europee, ma dal punto di vista morale questo è un fardello che il signor D’Alema e il signor Latorre si porteranno.

Appunti (di Carlo Vulpio)

Nessun giornale o televisione vi ha raccontato tutto ciò e probabilmente non ve lo racconterà. La presunta incompatibilità ambientale che è costata il trasferimento alla Forleo, con una decisione del CSM e che non ha nulla di giuridico ma sembra un referto medico, visto che dice che la Forleo era emotiva, nasce il 6 giugno 2007 in una riunione “segreta” tenuta nella stanza di Anna Finocchiaro in Parlamento. In quella circostanza, testimonianza resa dall'ex parlamentare e magistrato di Cassazione Fernando Imposimato, si sono visti la stessa Finocchiaro, Mastella, Latorre, Guido Calvi (ex parlamentare e avvocato di D'Alema) e altre persone.

lunedì 31 agosto 2009

Siamo arrivati ad un punto inaudito: questo attacco alle domande, ai giornalisti, siamo alle denunce. Credo sia in gioco un pezzo della qualità della nostra democrazia. Ci vuole una riscossa da parte degli operatori di questo settore, sostenuti dall’opinione pubblica, che cominci a muoversi e mobilitarsi sul serio.
Pierluigi Bersani, Bologna 28 agosto 2009

tempestivo il ragazzo: http://www.youtube.com/watch?v=LtoUsbJ0CWI

lunedì 24 agosto 2009

L’Antimafia Pignorata

di Claudio Fava

Mer, 29/07/2009 - 07:07

Quando ammazzarono Giuseppe Fava, una sera di 25 anni fa, i ragazzi dei Siciliani provarono a immaginare come sarebbe stata la loro vita da quella notte in poi. Diversa, irrimediabilmente: lo capirono subito. E misero nel conto molte cose: dolore, fatica, solitudine e un giornale da tenere in vita a morsi. Nessuno di noi pensò che un quarto di secolo dopo lo Stato avrebbe presentato il conto economico di quella morte: 100 mila euro da pagare in moneta sonante per i vecchi e miseri debiti del giornale, riveduti e corretti da una sentenza del tribunale con il solito corredo di more e interessi passivi. Tre mesi di tempo per saldare, pena la vendita forzosa delle nostre case già pignorate per ordine dei giudici. Una di queste, ereditata dai suoi figli, è la casa in cui nacque e visse Giuseppe Fava.Anch'essa sotto sigilli, in attesa che sia fatta giustizia. Ora, il problema non sono questi denari: forse si potranno racimolare, è già partita una catena di indignata e stupefatta solidarietà che dimostra l'esistenza in vita di un'Italia civile, nonostante tutto. Il problema è l'insegnamento che ciascuno di noi dovrebbe trarne e trasmettere ai propri figli: cari ragazzi, se malauguratamente un giorno la mafia dovesse ammazzare vostro padre invece di affannarvi a proseguire il suo mestiere e la sua ricerca di verità mettetelo da parte, quel mestiere. Dedicatevi ad altro, andate via, rassegnatevi. Altrimenti, prima o poi, vi presenteranno il conto. Avremmo dovuto far questo? Seppellire Fava e chiudere i Siciliani? Quel grumo di ragazzi (io avevo 26 anni, il più vecchio andava per i 30) scelsero la cosa sbagliata: il giornale non si chiude, si va avanti senza pubblicità, rinunziando ai propri stipendi. Sull'editoriale del primo numero in edicola dopo l'omicidio scrivemmo: «Ci dispiace arrivare in edicola con qualche giorno di ritardo per cause che non dipendono dalla nostra volontà». Ecco: nemmeno la soddisfazione di squadernare in pubblico il nostro dolore gli regalammo.
Andammo avanti per molti anni. Stipendi zero. Pubblicità zero. Conservo ancora una cortese letterina del Banco di Sicilia, lo stesso istituto di credito indebitato per decine di miliardi con i cavalieri del lavoro e coi loro ruffiani politici, che ci diceva di non voler acquistare una pagina di pubblicità sui Siciliani al prezzo di 250 mila lire. Certo, quando devi tirare avanti così contando solo sulle copie vendute ti tocca far qualche debito: carta, tipografia, fornitori. Bene: quei debiti, rivalutati dall'aritmetica giudiziaria, sono diventati oggi quasi centomila euro. Venticinque anni dopo: vendete le vostre case. Qualcuno vorrebbe sentirselo dire: abbiamo fatto male, ragazzi, tanto valeva piegare il capo. E invece sono qui a dirvi che, se pur dovremo pagare per un fottuto puntiglio giudiziario questi soldi, se pure ci toccherà riscattare ancora una volta la morte di Giuseppe Fava, tornando indietro rifarei ciò che ho fatto. E lo rifarebbero tutti i miei compagni dei Siciliani. A cominciare da quell'editoriale, nel gennaio del 1984: ci dispiace per questi giorni di ritardo, il nostro lavoro va avanti….

Ps. Se qualcuno vuol dare una mano è aperta la sottoscrizione sul conto corrente della «Fondazione Giuseppe Fava», IBAN IT22A0301926122000000557524