
Di Alessandro Longo (L’espresso 9 luglio 2009)
PIU' TALK-SHOW MENO WEB. CON IL DIGITALE TERRESTRE SI LIBERANO FREQUENZE PREZIOSE.
MA IL GOVERNO VUOL DARLE TUTTE ALLE TV.
Una scelta costosa che soffoca l’innovazione e va in controtendenza rispetto all’Europa.
L’Italia sta tradendo un' opportunità preziosa: far sì che la banda larga sia ovunque accessibile anche in mobilità e a bassi costi, grazie all'uso di nuove pregiate frequenze, ora in mano alle emittenti tivù. Il Tutto nasce da un evento epocale: il passaggio della televisione dall'analogico al digitale terrestre (processo in corso e da concludere entro il 2012), un sistema che consente di far stare molti più canali nelle stesse frequenze dello spettro. La conseguenza È che, rispetto all'attuale quadro dei canali, si libereranno alcune frequenze di cui bisogna decidere l'utilizzo. Sarebbe una buona opportunità perché il governo ne assegnasse alcune ai servizi di banda larga in mobilità, con apposita asta. Sono frequenze migliori di quelle ora utilizzate e consentirebbero maggiore copertura e costi più bassi. E invece l'Italia ha deciso per ora di dare tutte le frequenze, anche quelle che si libereranno, alle emittenti tivù.
A sancirlo è una delibera dell'Autorità garante delle comunicazioni di qualche settimana fa. Una delibera che ha spaccato la stessa Autorità: «Io e Sebastiano Sortino 11 amo i soli ad aver votato contro », denuncia Nicola D'Angelo, commissario Agcom: Siamo contro perché si stabilisce che ci sarà una gara, non un'asta vera e propria, per assegnare le frequenze liberate, inquadrate in cinque multiplex, e perché potranno parteciparvi solo le tivù. Di conseguenza, non resta nessuna frequenza per i servizi innovativi in banda larga, e si lasciano intatti gli attuali rapporti di forza televisivi, senza spazi per il nuovo».
Dall’Agcom rispondono che non potevano fare altrimenti: «È importante pensare al futuro utilizzo delle frequenze, anche per la banda larga mobile, ma lo si può fare solo coinvolgendo tutti gli attori, anche il governo. Che non ha cambiato il piano secondo cui quelle frequenze sono destinate alla tv». E come poteva l'Agcom andare contro la linea del governo?
Eppure, all'Italia questo favore fatto alle tv potrebbe costare caro. «Gli studi concordano che assegnare le nuove frequenze alla banda larga Internet, invece che alla tivù, assicurerebbe benefici molto superiori al Paese», dice Matthew Howett, analista di Ovum, osservatorio di ricerca inglese tra i più attenti a questi temi. «Non a caso, l'Italia è un caso unico», aggiunge: «Le autorità di Regno Unito, Francia, Svezia, Germania e altri hanno già preso posizione a favore dell'assegnazione delle frequenze liberate ai servizi di banda larga mobili». L'Italia rischia inoltre di andare anche contro le istituzioni europee, «le quali hanno già stabilito, nel nuovo pacchetto Telecom, in via di approvazione, che la banda larga ha diritto ad alcune delle nuove frequenze», dice Howett. Il motivo di fondo è che la banda larga mobile crea molti più servizi e innovazione rispetto ai semplici canali tivù. Lo dice per esempio uno studio di Ofcom (l'Autorità per le tic inglese), che quantifica in 2-3 miliardi di sterline nei prossimi 20 anni i benefici che verranno dal dare nuove frequenze alla banda larga. Gli fa coro uno studio di Ar-cep (l'autorità francese), che stima in 25 miliardi di euro i benefici diretti e in 4,8 miliardi quelli indiretti, sul prodotto interno lordo, nell'arco di 12 anni. Infine, non facendo un'asta vera e propria per assegnare le nuove frequenze, lo Stato rinuncia a un mucchio di soldi. Il governo degli Stati Uniti, dove l'asta è stata fatta, ha ricavato 20 miliardi di dollari. Per l'Italia, si tratterebbe di 5 miliardi di euro, secondo una stima di Maurizio Decina, ordinario di reti e comunicazioni al Politecnico di Milano. «È importante che l'Italia segua gli orientamenti europei: sarebbe inammissibile essere i soli al mondo a dare tutto alla tivù. L'innovazione del nostro Paese ha bisogno di quelle frequenze», conclude Decina. Qualcuno lo ascolterà?
(L’espresso 9 luglio 2009)
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